Fb, Instagram e Twitter: i musei italiani puntano sui social. Basterà?

musei virtualiSolo il 57% ha un sito web e sono ancora pochi i servizi offerti. Tra i più attivi su Facebook i Vaticani, la Reggia di Venaria e il Maxxi. Sul network fotografico vince la Peggy Guggenheim Collection di Venezia.

I musei italiani puntano sui social network: nel 2016 il 52% di loro possiede un account e la maggiore presenza (57%) viene registrata su Facebook (51%); seguono Twitter (31%) e Instagram (15%). Anche il 10% dei musei che non ha un sito internet risulta però attivo su Facebook.

Lo evidenzia un’analisi effettuata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, presentata presso il Piccolo Teatro Grassi di Milano.

L’Osservatorio ha condotto un’indagine su un campione di 476 musei italiani, pari a circa il 10% dei musei aperti al pubblico nel 2015: per ciascun museo è stata rilevata la presenza di un sito web e le sue funzionalità, la disponibilità di applicazioni, la presenza sui social network, su TripAdvisor e su Wikipedia.

All’avanguardia come sempre, i musei Vaticani ci si sono già buttati a pesce, con un nuovo sito web e mille progetti per incrementare i servizi offerti online, dalla vendita dei biglietti alla visita delle collezioni. Ma non sono i soli, perché anche in territorio italiano molti dei quasi 5mila tra aree archeologiche e monumenti contati dall’Istat stanno ora provando a rilanciarsi sfruttando le opportunità offerte dal mondo digitale.

Anche se, a scorrere i dati, un po’ dappertutto, dal Nord al Sud, dai musei statali alle realtà comunali, il lavoro da fare è ancora tanto, se si pensa che appunto solo poco più della metà dispone al momento di un spazio web, spesso non benissimo organizzato e molto spesso solo in italiano.

E sono ancora meno quelli che si sono provvisti di un account social, pochissimi quelli presenti sui tre più diffusi (Facebook, Twitter, Instagram).

“Le istituzioni culturali si trovano oggi di fronte a una doppia sfida: non basta attrarre visitatori, bisogna trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in un modo nuovo, che lo renda più prossimo alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini e turisti”, raccomanda Michela Arnaboldi, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, promotore di una ricerca su musei e digitalizzazione presentata nei giorni scorsi.

Il Mibact è sulla stessa linea: a partire dalla gestione Bray, e poi sempre di più con Franceschini, sta cercando di spingere i suoi musei a diventare sempre più digital e sempre più social anche con campagne mensili promosse con gli account ufficiali del ministero. E qualcuno si distingue più degli altri, dagli Uffizi al Maxxi, dalla Galleria d’Arte Moderna a Roma all’Egizio a Torino.

Ma non è così facile: gli account sui social network è rappresentato solo dal 41%, mentre il 25% vanta una newsletter. Solo il 20% offre però allestimenti interattivi o ricostruzioni virtuali, il 19% il wi-fi gratuito. E quando si parla di QR code, servizi di prossimità, catalogo accessibile online o visita virtuale del museo dal sito web le percentuali scendono fino al 13-14%.

In cifre

Condotta nel 2016 su un campione di 476 musei, l’indagine sottolinea per esempio che i siti web, spesso non facilitano l’utente come potrebbero e nel 49% sono solo in italiano. Per non parlare di servizi avanzati, come la possibilità di acquistare online merchandising o materiale legato al museo (ce l’ha solo il 6%), fare donazioni (6% e per il 70% si tratta di musei privati) e crowdfunding (1%).

La ‘fotografia social’

Nel campione analizzato dall’Osservatorio, i tre musei con il maggior numero di page like su Facebook sono comunque proprio i Musei Vaticani, seguiti dalla Reggia de La Venaria Reale e dal MAXXI. Su Twitter, primeggia il profilo dei Musei in Comune di Roma, seguito MAXXI e dal Museo del Novecento a Milano.

Su Instagram, vince la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, seguito da Triennale e MAXXI. Una percentuale più alta, ben il 62%, è presente invece su Tripadvisor e di questi, molti (51%) hanno un certificato di eccellenza. E le startup? In Italia sono 105 quelle censite.

Pochissime quelle che si cimentano sul B2B, probabilmente a causa della “prudenza” che le istituzioni culturali del paese ancora mantengono verso gli investimenti digitali. Mentre “c’è fermento sui servizi di supporto alla visita di musei e città, ambito in cui il mercato è maggiore anche per la forte connessione con il turismo”.