Gli esperti la chiamano “on demand economy” e la rappresentazione plastica del boom dell’economia dei servizi (di qualunque servizio, ormai intermediato da piattaforme web) è il coworking. Spazi di lavoro condiviso.
In cui i prestatori di servizi (spesso per più committenti) lavorano gomito a gomito, disponibili su chiamata, a prestare la loro opera per fare ciò che serve, quando serve e finché c’è bisogno.
A “Italia digitale”, organizzato dal Corriere della Sera si è parlato di 450 mila posti vacanti nell’innovazione nel nostro Paese. Competenze che le aziende cercano, ma non trovano. Tra le prime dieci professioni più ricercate dai datori di lavoro su LinkedIn, otto non esistevano meno di dieci anni fa.
Programmatore Ios, programmatore Android, Social Media Intern, Data Scientist (esperto nella gestione di dati), UI/UX designer (gli architetti del web, coloro che si occupano di come un prodotto venga percepito dagli utilizzatori su Internet), Cloud services specialist (specialisti dei servizi sulla Nuvola), Digital marketing specialist, che si occupa anche di come un prodotto o un’azienda vengano indicizzati sui motori di ricerca.
La scuola (e l’università) li formano?